L'autore parte dalla constatazione di una carenza teorica e metodologica nelle attuali concezioni psicoanalitiche della distruttività, troppo legata a visioni moralistiche e poco differenziata dall'aggressività. Tenta quindi una definizione più descrittiva a partire dalle concezioni di Winnicott e di Bion e avanza l'ipotesi che la distruttività abbia un ruolo essenziale nella formazione e nel mantenimento del setting di gruppo concepito come una cornice e studiato secondo una relazione contenitore/contenuto rispetto allo stesso processo analitico. Le spinte libidiche e quelle distruttive sono essenzialmente le forze che presiedono alla strutturazione del campo in cui l'analista e il gruppo sono immersi. L'attacco al legame concepito come l'esperienza tipica della distruttività nei gruppi, viene quindi descritto nei suoi aspetti differenziali: come momento di differenziazione, come difesa dall'angoscia di separazione, come tentativo di superare l'esclusione, e quindi come movimento conoscitivo.